53 – Apertura dell’economico alla relazionalità

Introduzione
Come è ampiamente noto l’economia nasce come scienza della “pubblica felicità”.

In particolare, gli italiani Antonio Genovesi e Pietro Verri sono stati i primi a considerare le relazioni personali un bene in sé e ad indicare nella partecipazione alla vita civile la fonte della pubblica felicità.

Poi l’eclissi. Il pensiero neoclassico ha oscurato la felicità: l’economia diventa la scienza che studia il mercato come luogo in cui individui razionali si scambiano beni e servizi per soddisfare preferenze esclusivamente soggettive.

Le relazioni personali diventano puramente strumentali: servono a procurarsi cioè altri beni e servizi, non sono un bene in sé. Le scelte economiche sono guidate esclusivamente dall’auto-interesse.

Il paradigma interpretativo dell’homo oeconomicus porta i diversi soggetti ad adottare comportamenti ottimizzanti.

Il tutto rende l’economia una scienza “chiusa” che non ha bisogno di alcun completamento proveniente dal suo esterno.

Oggi, però, dopo circa due secoli di oblio, la felicità è tornata a splendere nel cielo dell’economia.

L’elemento scatenante questa nuova stagione di studi economici è stato il tentativo di “misurare” la felicità ma soprattutto di mettere quest’ultima in rapporto alle tradizionali variabili economiche.