10 – Per una teoria economico-civile dell’impresa cooperativa

Introduzione 
Storicamente, l’impresa cooperativa nasce dopo l’impresa capitalistica ed inizia ad espandersi, sia pure con modalità e tassi di crescita diversi da paese a paese, all’interno dei sistemi economicamente più progrediti. Essa è dunque un frutto per certi aspetti inatteso della civiltà industriale, un frutto che giunge a piena maturazione durante la “Bèlle époque”. Due le interpretazioni che è possibile dare di tale fatto storico. La prima vede la cooperativa come la risposta ad uno specifico “fallimento” della forma capitalistica di impresa, come cioè una sorta di rimedio ovvero di compensazione a ciò che quest’ultima non riesce ad ottenere ovvero a garantire.
La seconda interpretazione, invece, giudica quello cooperativo un modo più avanzato di fare impresa in sistemi socialmente avanzati; e ciò nel senso che esso rappresenta il coronamento dell’aspirazione di quanti intendono il lavoro come occasione di autorealizzazione e non solo come fattore di produzione. E’ a questa interpretazione che pare alludere J.S. Mill – grande pensatore liberale – quando alla terza edizione dei suoi Principles of Political Economy pubblicati nel 1852 aggiunge il seguente brano, veramente notevole: “La forma di associazione che, se l’umanità continua a migliorare, ci si deve aspettare che alla fine prevalga, non è quella che può esistere tra un capitalista come capo e un lavoratore senza voce alcuna nella gestione, ma l’associazione degli stessi lavoratori su basi di eguaglianza che possiedono collettivamente il capitale con cui essi svolgono le loro attività e che sono diretti da managers nominati e rimossi da loro stessi” (p.772).