32 – L’economia come se la persona contasse: verso una teoria economica relazionale

Introduzione 
Duplice la mira delle pagine che seguono: per un verso, dare conto del perché è necessario che le relazioni interpersonali entrino nel nucleo duro della scienza economica e quindi del perché è bene assecondare la tendenza, che da qualche tempo si va avvertendo nella disciplina, di favorire l’accoglimento di un nuovo paradigma ermeneutico – quello relazionale – in sostituzione di quelli olistico e individualistico. Per l’altro verso, portare ragioni a sostegno della tesi per la quale una scienza economica relazionale non può prescindere dalla gratuità come principio fondativo dell’agire economico.
E’ a dir poco paradossale che una disciplina come l’economia che da sempre, fin dai suoi albori disciplinari, si è occupata in maniera essenziale dello studio dei rapporti tra uomini che vivono in società (si pensi a quel che avviene nell’attività di produzione, di consumo, di scambio, di distribuzione del reddito, e così via) mai abbia avvertito l’esigenza – salvo la parentesi fin troppo breve della stagione dell’economia civile (Bruni, Zamagni, 2004) – di fare i conti con l’intersoggettività come categoria a sé. E’ accaduto invece che dalla Ricchezza delle Nazioni (1776) in poi, la scienza economica ha ritenuto di poter fare a meno, nella spiegazione dei fenomeni economici, della relazionalità. Infatti, se per il seguace dell’individualismo (ontologico) il fine conoscitivo da perseguire è lo studio del comportamento del singolo agente e solo successivamente quello degli esiti aggregati dell’interazione individuale, per chi si riconosce nella prospettiva olistica si tratta piuttosto di studiare il funzionamento del sistema economico nel suo complesso, e per uno scopo del genere non v’è alcun bisogno di chiamare in causa il sistema motivazionale che muove all’azione i singoli attori. Nell’un caso come nell’altro la relazione intersoggettiva, in quanto tale, non gioca alcun ruolo nella spiegazione dei fatti economici, tanto che quello economico viene ridotto, basicamente , ad un problema di rapporti tra uomo e natura. E’ certamente vero che lo studio di tali rapporti entra di diritto nell’agenda dell’economista; ma non si potrà certo sostenere che la “cifra” del discorso economico risiede in questo tipo di studio. A meno di voler “ridurre” l’economia ad una sorta di ingegneria sociale, derubricandola così dal novero delle “moral sciences”.