35 – Razionalità strategica e complessità motivazionale

Introduzione
Se si presta attenzione alla dimensione intersoggettiva delle interazioni tra agenti individuali, appare difficile negare che, per lungo tempo, la teoria economica di matrice neoclassica abbia coniugato un’apertura formale ad un ampio spettro di forme di socialità con una chiusura sostanziale nei confronti di comportamenti individuali non riconducibili all’assunto di self-interest in senso materiale e compatibili con la costruzione di relazioni interpersonali in un’ottica non strumentale.

In ordine alle potenzialità formali della teoria economica, ovvero alla sua capacità di aprirsi non solo alle classiche preferenze egoistiche ma anche a preferenze di tipo sia pro-sociale che anti-sociale, è emblematica la riflessione di Hausman e McPherson (1994), secondo i quali “La teoria standard della razionalità afferma che le scelte di A sono determinate dalle sue preferenze. Ciò può suonare un po’ come l’affermazione che vuole in A un soggetto auto-interessato, ma l’impressione è fuorviante.

Affermare che A è auto-interessato significa fare una considerazione in merito a ciò che A preferisce. La teoria dell’utilità non esclude che esistano preferenze per l’agire sulla base di principi morali o preferenze per la scelta di mettersi al servizio di interessi altrui. Noi non stiamo sostenendo qui che tutte le teorie morali sono compatibili con la teoria standard della razionalità. La nostra tesi è solamente che la teoria dell’utilità non implica il self-interest”.