L’impatto economico e la sfida etica delle tecnologie convergenti

Quaderni dell’Economia Civile n.5 di Stefano Zamagni, Università di Bologna

In questo scritto mi occuperò di un aspetto specifico, eppure di grande momento, del fenomeno delle tecnologie convergenti: in qual senso e in che modo la IV Rivoluzione Industriale “tocca” la nostra condizione di vita e incide sull’articolazione delle nostre società.

È ormai generalmente acquisito che quello attuale è un vero e proprio passaggio d’epoca; non dunque una naturale evoluzione o una semplice magnificazione di tendenze già in atto durante la lunga fase della società industriale. Ed è pure ampiamente noto che all’origine della attuale transizione, in aggiunta alla IV Rivoluzione Industriale, v’è il fenomeno della globalizzazione. Ma mentre intorno a quest’ultimo la letteratura è già schiera, non altrettanto può dirsi in riferimento all’altro fenomeno di portata epocale.

Non sappiamo ancora come le nuove tecnologie e la cultura che le governa modificheranno l’essenza del capitalismo degli anni prossimi. Sappiamo però che è in atto una nuova grande trasformazione di tipo polanyiano (Seghezzi, 2017).

In questa sede, non mi occuperò di illustrare e neppure di commentare le caratteristiche di natura tecnica del nuovo modo di produzione conseguente alla rivoluzione digitale. Mi soffermerò, invece, sulle conseguenze che i cambiamenti strutturali in atto stanno avendo su tre fronti specifici: quello del lavoro umano, quello della democrazia; quello dell’etica pubblica. È maldestramente riduttivo identificare la quarta rivoluzione industriale unicamente come un nuovo paradigma tecnologico. Insistere, come purtroppo la più parte della letteratura in argomento va facendo, solamente su tale dimensione non permette di cogliere gli elementi di rottura sui fronti sociale e culturale che questo fenomeno emergente sta evidenziando. Il che non consente di impostare linee di intervento all’altezza delle sfide odierne.

Conviene che precisi fin da subito la prospettiva di sguardo dalla quale mi colloco per scrutare questa realtà. Chi scrive non si riconosce né nella posizione dei “laudatores temporis acti”, dei cosiddetti tecno-pessimisti, né in quella degli esaltatori acritici delle “magnifiche sorti progressive” dell’umanità. Se hanno torto i laudatori della Quarta rivoluzione industriale, non hanno ragione i suoi denigratori. Considero, infatti, l’attuale traiettoria tecno-scientifica come qualcosa in sé positivo, e comunque inarrestabile, che però va governata con saggezza (cioè con ragionevolezza) e non solo con competenza (cioè con razionalità). Ha scritto il celebre filosofo della scienza G.H. von Wright (1987): “I giudizi di ragionevolezza sono orientati verso il valore; essi vertono […] su ciò che si ritiene buono o cattivo per l’uomo. Ciò che è ragionevole è senza dubbio anche razionale, ma ciò che è meramente razionale non è sempre ragionevole”. È ovvio che così sia, se si considera che la IV Rivoluzione Industriale non è un dato di natura, ma è opera dell’uomo che vive in società e dunque da questi può (e deve) essere governata.