La buona organizzazione dell’impresa civile

A cura di Leonardo Becchetti, Marina Galati, Giovanni Acquati, Tiziana Bonora, Claudio Ferrari, Pasquale Iorio, Ercole Ongaro.

Nelle imprese tradizionali le relazioni sono strumentali all’obiettivo di performance dell’azienda. Nelle “imprese civili/etiche” deve accadere il contrario. La performance è il vincolo che garantisce di sopravvivere e prosperare, ma l’obiettivo, assieme alla mission specifica dell’impresa, è la realizzazione della persona, la qualità della vita dei lavoratori e delle loro relazioni umane, aiutando a superare la logica della competizione a favore di un modello di partecipazione e condivisione.

Nell’impresa tradizionale troviamo una governance strutturata in modo rigidamente gerarchico e dunque a responsabilità individuale in tutte le sue espressioni; nell’impresa civile dovrebbero esistere molta più orizzontalità e circolarità e quindi anche responsabilità collettive e di squadra. Non deve stupire che spesso in questi casi alla valorizzazione delle potenzialità di gruppo si colleghi una crescita della produttività.

È prassi di molte imprese orientate alla massimizzazione del profitto rendere le persone strumento per il raggiungimento del loro obiettivo. Spesso la competizione, che diventa conflitto tra

dipendenti, è considerata la strategia migliore per ottenere il fine; ma l’impatto sulla qualità della vita delle persone può essere decisamente negativa. Le frustrazioni delle persone dentro un’azienda tradizionale spesso sono generate dal fatto che si sentono strumento e non esseri umani e dunque trattate come oggetti e non soggetti. Non riuscire a comunicare proprie idee o proposte o far conoscere i propri problemi, è peggio che avere stipendio più basso o minori soddisfazioni materiali.