Per il ritorno alla Civitas

Short Paper di Stefano Zamagni, Università di Bologna

Due sono i principali tipi di crisi che è possibile rintracciare nella storia delle nostre società: dialettica l’una, entropica l’altra. Dialettica è la crisi che trae origine da un qualche conflitto che prende corpo in una determinata società, ma che contiene, al proprio interno, le forze del proprio superamento. Il che non implica che necessariamente l’uscita dalla crisi rappresenti un progresso rispetto alla situazione precedente. Esempi famosi di crisi dialettica sono quelli della rivoluzione francese, di quella americana, della rivoluzione d’Ottobre in Russia. Entropica, invece, è la crisi che tende a far collassare il sistema per implosione, senza essere in grado di modificarlo con le sue sole forze. Si pensi, ad esempio, alla caduta dell’impero romano; alla transizione dal feudalesimo alla modernità; al crollo dell’impero sovietico.

Perché la distinzione è importante? Perché sono diversi i modi di uscita dai due tipi di crisi.

Non si esce da una crisi entropica solamente con provvedimenti legislativi, con aggiustamenti di natura tecnica, con l’immissione di risorse economiche – pure necessarie – ma affrontando di petto la questione del senso. Ecco perché ci vogliono oggi, come ieri, minoranze profetiche che sappiano indicare alla società la direzione verso cui andare forgiando una cultura della trasformazione, ancor’oggi assente.

Ebbene, l’evento pandemico da COVID-19 ha innescato una crisi di tipo entropico, connotata da una pluralità di autentiche res novae, il cui tratto comune è quello di provocare un aumento, in forme varie, della vulnerabilità. È opportuno rammentare che la vulnerabilità ha a che vedere con il poter ricevere delle ferite. Essa, pertanto, non va confusa né con la fragilità, che concerne l’inconsistenza intrinseca  delle cose, né con la precarietà, che denota il carattere transitorio di una determinata condizione di vita.

Per quanto i pericoli della vulnerabilità siano assai più seri di quelli associati alla fragilità e alla precarietà, molto raramente nel dibattito pubblico e nell’azione di governo il riferimento è alla vulnerabilità, sistematicamente confusa con la fragilità.