203 – Lo studio della povertà in Italia. Come la politica guarda i poveri e quali costanti nel modello italico

di Andrea Baldazzini, Responsabile area Welfare e Terzo settore, AICCON

1. Genealogia degli approcci del sistema politico allo studio della povertà

Lo studio del fenomeno della povertà ha seguito tempi e percorsi molto diversi da paese a paese. Se in Inghilterra già sul finire del XIX secolo sono apparse le prime ricerche in merito (Booth 1893), o in Germina si ha un sociologo come George Simmel che nel 1906 pubblica il su famoso saggio dal titolo Il povero, l’Italia sconta un notevole ritardo derivato dall’intreccio delle sue condizioni sul fronte dello sviluppo economico e le sensibilità politiche che si sono succedute nel corso della prima metà del Novecento. Si dovrà infatti attendere la fine della Seconda Guerra Mondiale e l’avvio dei cosiddetti Trenta Gloriosi per il riconoscimento istituzionale della povertà come tema di interesse centrale per la neonata Repubblica Italiana (Cavaliere 2019). È lo stesso articolo 3 della Costituzione a riconoscere allo Stato il compito di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

L’avvio vero e proprio di una prima iniziativa volta ad indagare il fenomeno della povertà, arriverà però solo nell’ottobre del 1951 con l’istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla che, nonostante la sua conclusione nel 1954, diede inizio ad un importante lavoro di approfondimento sulle condizioni di vita della popolazione povera. Vennero inoltre utilizzati metodi di ricerca innovativi e realizzata una prima documentazione delle attività e mancanze del sistema di assistenza, allora incentrato sugli enti comunali e in parte delegato alle organizzazioni caritative cattoliche (Brandolini 2021). Fin da subito divenne dunque chiaro come, per poter realizzare analisi attendibili, fosse necessario disporre di dati maggiormente accurati e in grado di offrire una prospettiva sull’intero Paese.

Nel 1952 l’Istat venne pertanto incaricata di condurre un’indagine campionaria sulle condizioni materiali di vita attraverso la costituzione di un campione di circa 58.000 famiglie (Istat 1953). L’indagine restituì un quadro drammatico delle condizioni del Paese, dimostrando la necessità di creare un «programma organico di sicurezza sociale» (ivi, p. 217) e «un organismo a livello ministeriale, aperto alle concezioni moderne e agli studi sociali, agilissimo nel funzionamento e sollecito nei suoi compiti di solidarietà umana» (ivi, p. 226).

Le raccomandazioni formulate dalla Commissione rimasero purtroppo per la maggior parte inascoltate, ma questo rappresentò indiscutibilmente un segnale importante per la formazione di un’autocoscienza collettiva verso un tema che da lì in avanti sarebbe rimasto, in modo più o meno esplicito e più o meno conflittuale, al centro delle agende di tutti i governi. Per comprendere infatti il dibattito sulla povertà in Italia, prima ancora di osservare i percorsi di ricerca sviluppati in ambito strettamente accademico, è fondamentale tenere a mente che lo sguardo su questo fenomeno emerge costantemente come il prodotto di un confronto tra il sistema politico e la capacità del sistema della scienza, comprendente i principali istituti quali Istat, Banca d’Italia e altri centri minori, di fornire dati e informazioni adeguate per la comprensione dell’evoluzione del tema in oggetto.

Rivolgendo invece lo sguardo ai decenni precedenti, questa lente può essere utilizzata per leggere le principali fasi del dibattito sulla povertà sviluppatosi a partire dagli anni ’50 fino ad oggi. Senza voler approfondire in maniera eccessivamente pedante quanto avvenuto nel corso degli ultimi sessant’anni, è utile riprendere la periodizzazione proposta da Brandolini (2021) e ulteriormente riassumibile in due macro fasi che scandiscono l’evoluzione dell’approccio allo studio della povertà nel Paese e offrono interessanti spunti di riflessione in merito al rapporto dialettico tra i due sistemi, politico e della scienza, in virtù della quale vengono codificati i processi di impoverimento sul piano nazionale.