Nuovo welfare: sperimentazioni in corso. Filantropia, agricoltura sociale e Dopo di Noi

Short paper di Paolo Venturi, Direttore AICCON e Sara Rago, Coordinatrice Area Ricerca AICCON

Fino ai primi anni Duemila le nostre società ed economie sono state caratterizzate dall’esistenza di un circolo virtuoso tra welfare e demografia che ha generato un rialzo delle condizioni di benessere e fiducia sociale. Ciò ha consentito lo sviluppo di un sistema di welfare (welfare state) di natura pubblica basato su un approccio assistenzialistico e risarcitorio. Un welfare la cui visione è prettamente stato-centrica e la politica sociale corrisponde ai prodotti finali (ovvero pensioni erogate, servizi sociali, prestazioni sanitarie) ed è fatta risalire a sistemi complessi quali le politiche assistenziali, pensionistiche e sanitarie.

Dagli anni ’60 del secolo scorso ad oggi si è assistito ad un cambio di paradigma, passando da un approccio prettamente terapeutico e assistenzialista ad uno più orientato all’investimento sociale e alla prevenzione. In questa morfogenesi del welfare un aspetto rilevante riguarda il ruolo del cittadino che da utente destinatario di servizi standardizzati volti a guarire situazioni patologiche, oggi diviene co-protagonista imprescindibile degli interventi di capacitazione che lo riguardano.

Le trasformazioni sopra citate si sono svolte in un contesto socio-economico teatro, a sua volta, di una trasformazione epocale che ci ha traghettati da un’economia industriale ad una post-industriale. Pertanto è necessario focalizzarsi su un’analisi dei rischi sociali dato che le politiche sociali (welfare) nascono come tutela da essi. Accanto ai vecchi e sempre presenti rischi sociali (malattia, vecchiaia, disoccupazione, ecc.) se ne sono affiancati di nuovi fondamentalmente schematizzabili in tre grandi aree:

  1. i rischi derivanti dalle trasformazioni interna alle relazioni familiari sia rispetto all’asse di genere, sia rispetto all’asse generazionale; il riferimento è in questo caso ai problemi legati al bilanciamento delle responsabilità familiari (cura di bambini ed anziani) e lavorative;
  2. i rischi derivanti dal mercato del lavoro, ovvero il rischio connesso all’obsolescenza o alla perdita di skill necessarie ad ottenere o mantenere un posto di lavoro;
  3. i rischi legati alla crisi del welfare state e quindi alla necessità di provvedere con risorse private ai servizi di cura, all’istruzione, alle pensioni, ecc.

Con il cambiamento di scenario che dal 2008 in avanti ha dettato il passo, tale sistema di welfare non funziona più né per far fronte ai vecchi rischi sociali né per attuare un’azione di prevenzione da quelli nuovi a causa sia dei costi di funzionamento del sistema diventati ormai insostenibili sia dell’incapacità di fornire risposte flessibili calandole dall’alto (top down). Affrontare i nuovi rischi, legati principalmente alle trasformazioni demografiche, sociali e del mercato del lavoro, implica necessariamente fare i conti con l’aumento delle disuguaglianze e con la riduzione del benessere complessivo. La crisi sistemica che ha colpito il nostro paese, inoltre, ha contribuito ad accentuare i livelli di vulnerabilità (intesa come scarsità di legami e relazioni) del ceto medio e le difficoltà connesse in particolare alle famiglie e ai giovani.

Ecco, dunque, che le ragioni alla base della necessità di ricostruire un nuovo sistema di welfare appaiono ben chiare. Quello che si sta riconfigurando è un modello di welfare che, a partire dall’imprescindibile necessità di mettere al centro la persona, dovrà essere co-promosso da attori pubblici e privati (non profit e for profit) e necessariamente legato al territorio e alla comunità. Tali sono le precondizioni rispetto a cui il nuovo welfare dovrà svilupparsi negli anni a venire se vorrà produrre percorsi di innovazione sociale in grado di favorire coesione (intesa come legami fiduciari) e capacità generativa dei territori. Si tratta, quindi, di costruire un modello di welfare inteso come sistema complesso orientato alla produzione di ben-essere. In questa accezione, la visione è multistakeholder e la politica sociale è un processo messo in campo da più attori, sia pubblici che privati, per il quale l’oggetto è l’inclusione sociale e il meccanismo di funzionamento è la produzione e redistribuzione di risorse.