Ri-sostanziare il lavoro. La prospettiva del neo-mutualismo
26 Maggio 2022L’anno che verrà
12 Gennaio 2023La dimensione del senso (purpose) in un’epoca di transizioni e discontinuità, come quella che stiamo vivendo, emerge come uno degli elementi più ricorrenti per ridisegnare le scelte pubbliche, economiche e sociali.
Un ingrediente imprescindibile che ci richiama ad un’idea di responsabilità che non si risolve solo nel “rispondere di ciò che facciamo” (accountability), ma che richiede una prospettiva nuova e contributiva che si legittima e ci richiama a rispondere anche a ciò “che non facciamo ma che potremmo invece fare”.
Non è un gioco di parole, ma il cuore di una diversa idea di cittadinanza, di imprenditorialità e di politiche fondate sulla collaborazione e coproduzione del bene comune, su un’idea di “vita buona” che postula la contribuzione e l’attivazione della società.
È dentro questa prospettiva che la scelta del 5 per mille assume un valore che va oltre la destinazione di risorse monetarie in favore di istituzioni d’interesse generale e che si ridefinisce come vera e propria “donazione di scopo”.
L’innovazione legislativa del 5 per mille, una delle forme più esplicite e radicali del principio costituzionale di “sussidiarietà”, non ha messo a disposizione solo un potenziale “plafond” a favore di progettualità sociali (risorse che in questi tempi qualche politico “miope” chiede di utilizzare per ipotetici trasferimenti verso Forze Armate, esercito, ecc.), ma ha dato la libertà di scegliere, ossia di preferire istituzioni, enti che riteniamo meritori e a cui attribuiamo un valore.
La fiscalità che stimola le virtù, che le premia attraverso un’azione libera e cosciente dei cittadini.
Un’azione tutt’altro che scontata che ci dice che l’amministrazione condivisa non si risolve nell’applicazione dell’art 55 e 56 del Codice del Terzo Settore, ma si attua quotidianamente attraverso una moltitudine di forme di democrazia partecipativa e contributiva.
Da questo punto di vista desta preoccupazione il calo delle scelte espresse nel 2020 (-500mila), anche se compensato solo in parte da un aumento delle scelte generiche (+153 mila), perché segnala una debolezza nella spinta dal basso. Una fase di rallentamento che potremmo attribuire alle innumerevoli difficoltà vissute del periodo più intenso e drammatico della pandemia, ma che non dobbiamo sottovalutare.
In una fase in cui siamo chiamati a ridisegnare il “dopo” tre sono le strade che possiamo prendere: quella che riconosce la primazia alla regolazione e alle norme giuridiche, quella che delega alla tecnica e alla tecnologia le scelte legate alle complessità che viviamo o quella che rilancia il protagonismo della società nella costruzione del futuro attraverso un apporto rilevante dei cittadini che si auto-organizzano, deliberano e decidono.
Molto del nostro welfare si giocherà sul “dare potere” alle aspirazioni e preferenze dei cittadini in termini di allocazione della spesa pubblica (in molti Comuni che propongono agli abitanti dei quartieri, progetti di bilancio partecipato, questa dimensione è ampiamente sperimentata e giudicata positivamente).
Andrebbe quindi ulteriormente allargata l’esperienza di una fiscalità sussidiaria e guidata dallo scopo, per alimentare non solo nuove forme di contribuzione ma anche nuovi legami e fiducia. Scriveva il sociologo Ralf Dahrendorf: «La democrazia e l’economia di mercato non bastano. La libertà ha bisogno di un terzo pilastro per essere salvaguardata: la società civile. La caratteristica essenziale della società aperta è che le nostre vite si svolgono in “associazioni”, intese in senso lato, che stanno al di fuori della portata dello Stato».
Un richiamo forte a difendere e valorizzare il 5 per mille perché, come ci ricorda Dahrendorf, la libertà ha bisogno della società civile, alla quale chiede spazi di azione che né il mercato né lo Stato sono in grado di assicurare.
Articolo pubblicato su VITA nello speciale “Un 5×1000 mai visto”.