Digitale ed economia sociale: come ridisegnare nuove catene del valore?
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23 Giugno 2023Articolo di Paolo Venturi [1] e Andrea Baldazzini[2]
Il fenomeno della globalizzazione per un verso, e i processi di digitalizzazione per l’altro, è sembrato avessero definitivamente archiviato la rilevanza della dimensione di luogo ritenuta quale ostacolo e limitazione ad un pieno sviluppo delle potenzialità insite nelle nuove occasioni aperte dalla creazione di un mercato unico globale e dalla ‘iper-prossimità’ offerta dai nuovi strumenti tecnologici.
A ben guardare però, nel recente periodo questi stessi fattori hanno alimentato tendenze inverse, portando ad una progressiva riscoperta della rilevanza strategica dei luoghi sia sul fronte della competitività in ambito produttivo, sia sul fronte della coesione, della socialità e dei sistemi di cura.
L’esito forse più inaspettato e radicale generato dalle conseguenze delle recenti crisi economico-sociali, è stato proprio l’emergere di un rinnovato protagonismo del territorio, inteso però non tanto in termini di entità geografica, quanto piuttosto come «un modo di co-operare, con molteplici effetti di ordine economico, politico, culturale, etc., che ha come obiettivo la creazione di un contesto capace di moltiplicare le risorse comuni, necessarie al funzionamento di ciascuno e di tutti gli attori coinvolti» (Prandini 2014).
Si è preso inoltre consapevolezza del fatto che anche i territori possono ‘fallire’, e con essi le imprese che lì vi operano, proprio in virtù del legame biunivoco che lega i luoghi alle attività produttive, la cui competitività e capacità di resistenza e ripartenza di fronte ai momenti di difficoltà dipende sempre di più dal tessuto relazionale in cui sono inserite.
Un primo importante esempio di questa rinnovata consapevolezza, è rappresentata dal cambiamento inerente le politiche per lo sviluppo territoriale. A lungo ha infatti predominato l’approccio cosiddetto ‘place neutral’, il quale si reggeva sulla convinzione di una sostanziale neutralità dello spazio geografico rispetto alle dinamiche economiche di sviluppo, come ben testimoniato dal report della Banca Mondiale del 2009 WorldDevelopment ReportReshaping Economic Geography (Barca et al. 2012). In esso si sostenevano i vantaggi associati agli effetti di agglomerazione delle grandi città, e l’affermazione di una sorta di modello valido universalmente per il raggiungimento di alti livelli di crescita, dove lo sviluppo era fatto coincidere principalmente con l’incremento dei tassi di produttività e di ricchezza.
Al contrario, durante l’ultimo decennio ha conquistato terreno un diverso approccio, cosiddetto ‘place based’ (Barca 2006), il quale ritiene che il capitale territoriale dei luoghi (De Rubertis et al. 2019), le istituzioni locali e le politiche pubbliche possano indirizzare in maniera virtuosa i processi di sviluppo economico ed i loro impatti tenendo conto delle peculiarità dei territori. La dimensione di luogo diventa quindi il cardine attorno a cui allestire percorsi di sviluppo che richiedono un certo grado di ‘tailoring’ e all’interno dei quali si definiscono governance, modalità di allocazione delle risorse e strategie di investimento del tutto sui generis.
Importante è però precisare che un tale passaggio non equivale all’affermazione di un approccio di stampo meramente ‘localistico’. Si tratta piuttosto di individuare nuove formule per ancorare le risposte alle trasformazioni generate dalle dinamiche globali, ad una dimensione di maggiore prossimità la cui solidità ed elasticità sono garantite dalla natura distintiva dei legami di comunità. È proprio dentro questa prospettiva che la dimensione relazionale acquisisce una duplice rilevanza: da un lato, infrastruttura il valore in quanto “sense making” e, dall’altro, facilita la condivisione e la collaborazione.
I luoghi non sono mere spazialità neutrali o puramente riducibili a criteri di funzionalità, in quanto costituiscono un’entità socio-culturale (fisica o virtuale) dove relazioni sociali, economiche e tecnologiche producono significati condivisi (Venturi, Zandonai 2019).
L’insieme di queste componenti intangibili vengono perciò a costituire gli elementi primari che compongono l’ossatura attorno alla quale i processi di creazione di valore si delineano aprendo la possibilità a nuove economie.
È solo all’interno di una fitta rete di connessioni che si verifica lo scambio di idee, conoscenza, contatti, opportunità e risorse. Scambio che si regge sulla condivisione di finalità comuni e non tanto sul criterio di reciproco vantaggio. La peculiarità delle economie di luogo è quella di coniugare la valorizzazione di risorse già esistenti, ma fino a quel momento rimaste ‘dormienti’, con un allargamento dei partecipanti al processo produttivo che porta a coinvolgere una molteplicità di attori di natura differente, orientando l’intero processo al criterio distintivo dell’interesse generale. In questo modo la comunità organizzatasi attorno a specifici luoghi, si rende protagonista anche per l’innesco di processi di innovazione che vedono la formulazione di risposte inedite ad una pluralità di bisogni rispetto ai quali la prossimità funge da condizione abilitante e insostituibile.
Per una dimostrazione concreta degli assunti qui formulati, è sufficiente rivolgere l’attenzione a molte delle progettualità impegnate nell’ambito della rigenerazione di immobili. La presenza di uno spazio rigenerato, nei contesti urbani ma non solo, rappresenta infatti una infrastruttura sociale di nuova generazione che può fare la differenza in termini di qualità della vita, ma anche di sviluppo economico, politico e culturale.
Quello che viene a crearsi è precisamente un ecosistema che utilizza la vicinanza e un certo grado di informalità, come aggregatore per differenti risorse da utilizzare all’interno di modelli community based di creazione di valore che si caratterizzano per due aspetti peculiari: da un lato l’essere dotati di un orizzonte di lungo periodo, ovvero l’assumere pienamente la sfida della sostenibilità guardando a modelli di creazione del valore che intendono essere solidi e differenziati, evitando la dipendenza da un unico canale di finanziamento; dall’altro il rivendicare un approccio intenzionalmente imprenditoriale. Le economie della rigenerazione infatti non passano più, come in precedenza, da percorsi di economia di scala, bensì da economie di scopo e di prossimità.
Se si pensa che sono oltre 750 mila le strutture immobiliari in condizione di abbandono (palazzi, ville, edifici ecclesiastici, strutture industriali), oltre a 6 mila chilometri di ferrovie inutilizzate, circa 1.700 stazioni ed un elevato numero di strutture pubbliche di grandi metrature, come ospedali, caserme e sanatori non più utilizzati. Un valore tacito e dormiente che necessita di comunità intraprendenti capaci di progettare forme inedite di gestione comunitaria.
Il “modello di gestione” diceva l’economista E. Ostrom (2006) «deve essere congruente con la natura del bene: se questo è comune, anche la gestione deve esserlo». Ecco perché occorre riscoprire e rilanciare un nuovo mutualismo comunitario attraverso il quale innescare processi che non sono semplicemente di riqualificazione di spazi inutilizzati, ma di vera e propria rigenerazione, e cioè in grado di ridare loro una vita mediante la costruzione di un ecosistema di attività e soggetti che tornano ad abitare quei luoghi. Il futuro di molti beni (pubblici e privati) non può che passare da quella spinta “dal basso” capace di restituire attraverso una governance plurale un bene comune alla propria collettività di riferimento.
C’è infatti una grande differenza tra l’affermare in maniera aprioristica che i luoghi hanno di per sé valore e il sostenere che i luoghi si rendano portatori di valore in quanto contribuiscono a generarlo svolgendo la funzione di fattore abilitante per l’attivazione di network collaborativi.
Questa nuova generazione di luoghi è figlia di un’alchimia che restituisce esperienze ciascuna delle quali dotata di una propria unicità, ma che allo stesso tempo condividono la prospettiva di ripartenza riassunta nell’affermare una ricombinazione del ‘valore di legame’ con il ‘valore d’uso’ degli spazi e seguendo un principio di neo-mutualismo (Venturi, Zandonai 2022) che funge da bussola per l’orientamento e la messa a terra delle forme concrete di organizzazione, management e redistribuzione delle attività economiche.
La costruzione di nuove economie che nascono a partire da percorsi di rigenerazione di asset dormienti, o più in generale, da una riappropriazione dei luoghi da parte della comunità attraverso progettualità strutturate, costringe però il soggetto pubblico a innovare anche i propri strumenti amministrativi. All’interno di questa tipologia di esperienze, il tradizionale approccio basato sulla logica degli appalti, delle concessioni e di una rigida contrattualizzazione tra parti manca di coerenza ed efficacia.
Non è un caso che di recente si sia iniziato a parlare di ‘amministrazione condivisa’, intendendo con ciò la possibilità da parte di cittadini ed organizzazioni di svolgere su un piano paritario attività di interesse generale concernenti la cura, la rigenerazione e la gestione condivisa dei beni comuni. Da qui lo sviluppo di nuovi strumenti amministrativi quali la co-programmazione, la co-progettazione e il partenariato, i quali testimoniano la messa al centro del criterio di fiducia reciproca attorno alla quale definire un percorso formalizzato.
È l’intenzionalità dell’intraprendenza comunitaria a rendere possibili esperienze di rigenerazione dei luoghi e di costruzione di nuove economie sociali, non basta di per sé l’attrattività dell’asset materiale o la messa a disposizione di risorse finanziarie da parte dell’amministrazione locale. Allo stesso modo, non sono sufficienti le aspirazioni della collettività, ma c’è bisogno del riconoscimento di una circolarità di intenzioni tra la cittadinanza (nella sua accezione più estesa) e il soggetto pubblico che co-operano per la realizzazione di attività di interesse generale.
In conclusione, una nuova generazione di istituzioni, intese sia in termini di rinnovamento delle entità amministrative esistenti, sia in termini di forme organizzative inedite che nascono da istanze collettive (si pensi ad es. al fenomeno delle cooperative di comunità o delle comunità energetiche), permette non solo di passare da una concezione di valorizzazione degli spazi in ottica funzionale, ad un’idea di valorizzazione dei luoghi che metta al centro l’elemento relazionale e il coinvolgimento della comunità, ma anche un ulteriore passaggio dai luoghi alla costruzione di vere e proprie infrastrutture sociali. Con esse si intende infatti un tessuto relazionale che unisce una molteplicità di attori del territorio in grado di collaborare insieme per allestire contesti capaci di far nascere, accompagnare e far crescere nuovi modelli di creazione di valore a matrice comunitaria.
Il presente contributo offre una rielaborazione dell’intervento tenuto da Paolo Venturi all’interno del seminario “Prossimità fisica e aumentata e generatività dei territori” organizzato dal CNEL e tenutosi il 23 maggio 2022.
[1] Direttore AICCON
[2] Ricercatore AICCON – referente area “Welfare e Terzo Settore”
Bibliografia
Barca F. (2006), Italia frenata: paradossi e lezioni della politica per lo sviluppo, Donzelli, Roma.
Barca F., Mccann P., Roudriguez-Pose A. (2012), The case for regional development intervention. Place-Based vs Place-Neutral Approaches, «Journal of Regional Science», Vol. 52, n. 1, pp. 134-152.
De Rubertis S., Mastromarco C., Labianca M. (2019), Una proposta per la definizione e rilevazione del capitale territoriale in Italia, «Bollettino dell’Associazione Italiana di Cartografia», n. 165, pp. 24-44.
Ostrom E. (2006), Governare i beni collettivi, Marsilio, Venezia.
Prandini R. (2014), Welfare aziendale territoriale: semantiche, innovazioni e primi esempi, in: Rizza R., Bonvicini F., (a cura di), Attori e territori. Innovazioni nel welfare aziendale e nelle politiche di contrasto all’impoverimento, Milano, Franco Angeli, pp. 45 – 79.
Venturi P. e Zandonai F. (2019), Dove. La dimensione di luogo che ricompone impresa e società, Egea, Milano.
Venturi P., Zandonai F. (2022), Neomutualismo. Ridisegnare dal basso competitività e welfare, Egea, Milano.
World Bank (2009), World Development Report 2009: Reshaping Economic Geography. World Bank.