Cooperazione sociale e promozione di un welfare di comunità orientato all’impatto
24 Febbraio 2023I luoghi come infrastruttura sociale dei nuovi modelli di economia civile
30 Marzo 2023Articolo di Paolo Venturi, Direttore AICCON – Università di Bologna e Riccardo Maiolini, Associate Professor of Management – Director Institute for Entrepreneurship John Cabot University.
Attivare competenze digitali per gestire le comunicazioni dei team su Slack o utilizzare un sistema di customer relationship manager per gestire i contatti di raccolta fondi, sono strumenti che aumentano l’efficienza nel quotidiano di molte imprese sociale, ma rappresentano solo il primo passaggio di un processo molto più complesso.
La vera sfida, infatti, per la moltitudine di organizzazioni che popolano la terra di mezzo fra stato e mercato (circa 365 mila per un valore economico pari a 90 miliardi) sta nella comprensione di come sfruttare tali tecnologie per creare impatto, rompendo equilibri esistenti e ridisegnando soluzioni non solo più efficienti ma più inclusive e a maggior valore aggiunto. Gli strumenti digitali sono in grado (con bassi costi di attivazione) di aiutare la cooperazione ed il Terzo settore a raggiungere un maggior numero di persone, a tracciare meglio le metriche per poi mettere alla base delle decisioni, a costruire spazi di condivisione e relazione, a creare nuovi spazi comuni di collaborazione, innovazione e investimento.
Un impatto sociale che necessita di una strategia capace di ridisegnare la catena del valore ed avviare processi di orchestrazione e diffusione di principi di innovazione. Una trasformazione che riguarda il mindset delle organizzazioni e non solo una parte del modello di business o delle operation. Una trasformazione che è possibile osservare sia nell’estensione dei settori e ambiti che investe (wide impact), sia nella profondità con cui ridefinisce i modelli organizzativi e le competenze. (deep impact).
Tali considerazioni sono emerse empiricamente, a seguito di uno studio (2020) condotto da AICCON per conto di Fondazione Accenture e Fondazione Snam, a seguito del lancio del progetto Impatto Sociale Reloaded, con l’obiettivo di far emergere le principali categorie di fabbisogni espressi in risposta all’emergenza sanitaria e verificare le soluzioni digitali messe in campo per rispondere all’emergenza e all’inevitabile “change-management” che il blocco dei servizi stava generando. Sulla base degli obiettivi indicati nel bando, attraverso un processo di cluster analysis sono state individuate 4 aree di innovazione su cui agire per costruire strategie di “forward looking” in ambito digital:
- Potenziare il mindset digitale: necessario per progettare e sviluppare l’architettura digitale e per integrare le tecnologie all’interno dell’organizzazione)
- Ridisegnare i modelli organizzativi in un’ottica più agile e collaborativa: (ri)organizzazione interna – modernizzazione delle organizzazioni che è tipicamente orientata all’efficienza – e integrazione delle operations – orientata all’efficacia
- Ridisegnare i servizi coinvolgendo il beneficiario: ridefinizione di processi di design dei servizi in ottica digitale con l’obiettivo di orientare le organizzazioni stesse verso un nuovo modello di business)
- Progettare reti e connessioni con soggetti diversi: progettazione di piattaforme per organizzare il coinvolgimento della comunità e promuovere la collaborazione con gli stakeholder pubblici e privati in modo più efficace ed efficiente.
L’analisi delle 4 aree di innovazione e la loro ricombinazione in strategie di risposta complesse rispetto ai fabbisogni emersi ha fatto emergere come 1 organizzazione su 3 ha optato per il solo redesign dei servizi (in particolare in chiave digitale) o per una combinazione tra questo e l’innovazione dei modelli organizzativi. La ricombinazione di tutte e 4 le aree di innovazione, invece, si riscontra soltanto in 1 organizzazione su 10
Un processo trasformativo digitale deve plasmarsi intorno ad una dimensione collaborativa nuova, cetrata sulla volontà di ripensar le risposte ai bisogni sociali (120 miliardi è il totale della spesa out of pocket delle famiglie sui servizi alla persona) non appena come semplici servizi da integrare come protesi di modelli organizzativi gerarchici e divisionali, ma cercando di far sì che tutto il modello di business venga impattato da tale cambiamento digitale (nel piano del PNNR gli investimenti per la missione “digitalizzazione, innovazione e competitività” sono saliti a circa 46 miliardi, il 20% del totale dei fondi del Next Generation EU). Un processo di trasformazione digitale capace di aumentare tanto la risposta ai needholder quanto agli stakeholder e di creare un processo virtuoso che parta da una maggiore personalizzazione delle prestazioni e arrivi alla valorizzazione (anche economica) dei cambiamenti generati passando dalla creazione di un ecosistema capace di abitare convintamente quello che Luciano Floridi ha chiamato l’on-life, ovvero un nuovo modo di vivere che coniuga la natura ibrida delle nostre esperienze quotidiane, portandoci ad una convergenza esperienziale e non solo più tecnologica.
Da questo punto di vista una grande spinta potrebbe venire dalla “messa a terra” del Piano di Azione sull’Economia Sociale lanciato dalla Commissione Europea, che ogni paese è chiamato a redigere e promuovere. Fra i suoi pilastri, infatti, vi è il potenziamento delle competenze digitali e la creazione di strumenti finanziari e di capacity building oggi indispensabili per sostenere la sfida delle grandi transizioni che stiamo vivendo. La gestione dei beni comuni, la cura del pianeta, la salute ed un lavoro giusto e dignitoso, son sfide che necessitano di imprese inclusive, digitalmente mature e con un forte orientamento all’interesse generale.
Le politiche sono perciò chiamate a dotarsi di strumenti di programmazione, di incentivo e di promozione di una economia sociale non relegata ad un ruolo riparatorio, ma trasformativo. Non è più accettabile considerare l’innovazione digitale come un fattore residuale nella promozione di una economia più inclusiva: su questa “partita” si gioca infatti molto della qualità del nostro futuro e di come verrà generato e distribuito il valore.