
Il mondo? Comincia da dietro casa nostra. Una riflessione sulle Cooperative di Comunità
21 Marzo 2019
Sussidiarietà circolare, questa terra fa tendenza
4 Aprile 2019
Articolo di Paolo Venturi, Direttore AICCON
Fra gli elementi di merito della faticosa riforma del Terzo settore vanno riconosciuti certamente l’aver definito l’identità di una pluralità di soggetti che popolano lo spazio fra Stato e mercato e l’aver colto l’urgenza di accompagnare il cambiamento o meglio la trasformazione in atto, nei grandi cluster che compongono l’eterogeneo mondo del “not for profit”.
Un aggregato molto significativo (343mila organizzazioni) che si offre alla collettività non solo come infrastruttura sociale capace di generare beni relazionali e capitale sociale, ma anche come imponente esercito di persone (quasi 6 milioni i volontari) mosse da motivazioni pro-sociali capaci di garantire servizi di cura, assistenza e inclusione. A tutto ciò occorre poi aggiungere il valore economico apportato dalla cooperazione sociale che in Italia garantisce servizi a oltre 7 milioni di persone e il peso delle Fondazioni (cresciute del 16% in termini di occupati) sempre più impegnate a “orchestrare” reti oltre che ad erogare risorse.
Insomma, la fotografia del Terzo settore oggi ci restituisce un quadro profondamente cambiato tanto nella sua funzione produttiva (sempre più orientata al mercato e alla contaminazione con il for profit), quanto in quella donativa, dove il nuovo volontariato, sempre più definito da motivazioni sense making e impact oriented, sta assumendo forme inedite e spesso distanti dai tradizionali contenitori associativi.
Una transizione che va accompagnata e che necessita di un ecosistema abilitante composto da attori coscienti dell’evoluzione in atto nel mondo del sociale. Evidenze e segni della ri-composizione di un nuovo ecosistema, sono visibili nella crescita esponenziale di nuovi servizi e prodotti offerti dagli istituti di credito per il mondo non profit (non più considerato un ambito residuale e marginale, ma strategico), nell’interesse di nuovi investitori verso progetti orientati a promuovere soluzioni di welfare comunitario, per non parlare delle incursioni, ormai vissute come indispensabili dal non profit, di nuovi professionisti con competenze digitali o legate al design dei servizi.
Così come già avvenuto in ambito bancario, infatti, anche nell‘ambito assicurativo è ormai evidente la necessità di investire in una nuova generazione di professionalità e di servizi non solo funzionali ai bisogni ma anche utili ad accompagnare la complessità e l’incertezza che ruota intorno al mondo del non profit.
Una complessità che vede l’azione del volontariato dilatarsi in ambiti prima inattesi come quelli della rigenerazione, dell’innovazione sociale e dell’amministrazione condivisa; un volontariato che la riforma riconosce non solo nel suo alveo naturale ossia l’associazionismo, ma anche in tutte le diverse tipologie del Terzo settore (anche nelle imprese sociali di capitale). Un volontariato che nasce negli “interstizi” di nuove forme di mutualismo e che trova il suo terreno più fertile in nuove forme di condivisione spesso abilitate da luoghi “digitali” come le piattaforme tecnologiche.
Le assicurazioni si trovano, perciò, di fronte ad un panorama tutt’altro che omogeneo, caratterizzato da nuovi ambiti e nuove modalità di “agire sociale”. Sono attività spesso temporanee e discontinue come la cura dei beni comuni (oggi molto diffuse anche grazie agli oltre 180 regolamenti collaborativi già approvati dai comuni italiani), attività che superano la soglia dell’informalità e che producono nuove forme di rischio, alimentando così la domanda di nuove tutele.
In questo senso non basta più una cassetta degli attrezzi “standardizzata” da offrire a sportello, ma è necessaria una strategia capace di differenziare le soluzioni proposte anche negli ambiti più tradizionali come quello dei danni a terzi, degli infortuni e delle malattie.
Un’offerta, quella del mondo assicurativo, che è destinata inevitabilmente a ridefinirsi continuamente nel tempo, in particolare in quei settori ad alta intensità associativa come la cultura e lo sport (ambiti in cui si concentra oltre il 63% delle ONP) diventati contenitori di attività in cui advocacy, educazione e dimensione commerciale alimentano nei soci, nei volontari e nei beneficiari bisogni di protezione inediti. Bisogni che stanno spingendo le assicurazioni a prendersi il rischio di innovare i propri modelli di relazione al fine di supportare il Terzo settore non solo nel “fare il bene”, ma anche come diceva Diderot, “nel farlo bene”.
Fonte: Vita (marzo 2019)