Road to Social Change
15 Aprile 2021Pubblicato il Report di Impatto Sociale di FIVE Onlus
22 Aprile 2021Articolo di Giulio Sensi pubblicato su Corriere Buone Notizie
Nelle cooperative sociali lavorano anche persone vulnerabili o con disabilità e viene data una seconda possibilità a disoccupati di lungo periodo, esodati, donne con difficoltà.
Aiccon ha analizzato oltre 1.200 realtà. Gli esempi di Betadue (Arezzo) che nel 2020 ha assunto 120 persone e Coabitare (Torino) i cui dipendenti per un terzo sono vulnerabili
La cooperativa sociale aretina Betadue, una delle aziende di riferimento del territorio nel settore agroalimentare, ha 540 dipendenti, 12 milioni di euro di fatturato e un sogno che si realizza ogni giorno: dare lavoro a persone svantaggiate che hanno difficoltà a trovare un impiego in altre aziende. «Come cooperativa sociale di tipo B la legge ci impone il 30 per cento di soggetti vulnerabili, ma noi – spiega scherzando Simone Cipolli che coordina le attività di Betadue – si vuole sempre esagerare. Sono persone che hanno dei talenti, ma devono essere accompagnate. Noi lo facciamo ogni giorno per la nostra impresa, dialogando con servizi pubblici, assistenti sociali, centri di salute mentale. Ma curiamo percorsi di inserimento anche per altre aziende del mondo profit. Perché queste persone sono capaci di fare molto di più che stare al magazzino o al centralino».
Betadue, la multiservizi in rete
Betadue è un’azienda multiservizi locale che opera in rete con altre – profit e non profit – e si è specializzata nel settore agroalimentare: dalla filiera produttiva con progetti di agricoltura sociale alla ristorazione collettiva, valorizzando produzioni locali. È una delle oltre 1.200 imprese sociali studiate nella ricerca «Filiere inclusive e coesive» condotta da Aiccon (Associazione italiana per la promozione della cultura della cooperazione e del non profit), con il sostegno e la collaborazione di Ubi Banca (Banca del Gruppo Intesa Sanpaolo) e della sua divisione Ubi Comunità, specificatamente rivolta al Terzo settore e all’economia civile.
L’indagine ha analizzato l’apporto della cooperazione di inserimento lavorativo che opera in 4 filiere strategiche – abitare sociale, turismo sociale, agricoltura sociale e welfare culturale – e ha dimostrato come oltre a essere inclusive queste imprese possano essere anche competitive e creare valore aggiunto sul territorio. Superando il luogo comune che un soggetto svantaggiato o con disabilità sia utile solo a fare lavori umili e semplici.
Coesione sociale non è assistenzialismo
«Usciamo dalla logica assistenzialista: queste imprese – spiega Sara Rago di Aiccon, una delle curatrici della ricerca – producono valore perché fanno le cose in maniera diversa, sono inclusive perché includono sia internamente sia esternamente, creando coesione sociale. È cruciale la loro capacità di costruire percorsi di valore e di innovazione attraverso una collaborazione formalizzata con piani di sviluppo di impresa congiunti ad altre realtà. Sono imprese in cui lavorano persone vulnerabili, persone con disabilità, disoccupati di lungo periodo, esodati, donne con difficoltà a reinserirsi nel mercato del lavoro».
Imprese sociali che prima dell’emergenza sanitaria stavano crescendo a doppia cifra, ma che stanno resistendo anche a questo difficile momento. Come Betadue di Arezzo che nel 2020 ha addirittura assunto altre 120 persone, investendo nelle sanificazioni per gli ambienti, rispondendo alla situazione contingente. «Alcune attività, come le cucine e il trasporto scolastico, hanno sofferto – spiega ancora Cipolli – ma abbiamo messo in piedi una task force per la sanificazione, comprato DPI e macchinari, formato le persone e fatto nascere un nuovo servizio sia per i nostri clienti, come le scuole, sia per il mercato».
Come Coabitare di Torino e Accomazzi resistono alla pandemia
Anche l’impresa sociale Coabitare di Torino, collegata alla cooperativa sociale Accomazzi, è riuscita a resistere alla pandemia, nonostante il turismo sociale sia una delle sue attività con maggiori marginalità.
Il presidente Andrea Biondello spiega: «Ci occupiamo di welfare culturale e rigenerazione urbana. Insieme con gli enti pubblici e con il sostegno delle fondazioni bancarie del territorio abbiamo costruito un modo diverso di fare rigenerazione urbana, realizzando residenze temporanee per persone in disagio abitativo che contribuiscono a riqualificare e rendere più vivibili i quartieri. Ospitiamo nuovi poveri, studenti e disoccupati, donne vittime di violenza, padri separati in difficoltà, persone sfrattate. Facciamo in modo che socializzino fra di loro e si aiutino a rimettersi in moto. E ci riescono, perché il tempo medio di permanenza nelle residenze è di 13 mesi».
Coabitare impiega 30 persone, un terzo sono soggetti vulnerabili, e ospita 142 persone in disagio abitativo in due residenze, a giugno ne inaugurerà una terza, Cascina Filanda, arrivando a 300 posti. Ognuno di loro paga qualcosa per l’appartamento e negli spazi comuni possono costruire nuove amicizie. Una quota di appartamenti è riservata ai turisti.
Gli utili reinvestiti per il sociale
«Gli utili dell’attività turistica– racconta Biondello – li reinvestiamo per il sociale: il Covid ci ha colpiti duro, ma teniamo botta».
«Il valore di queste imprese – aggiunge il direttore di Aiccon, Paolo Venturi – non è renderle più buone, ma più competitive e di qualità tramite socievolezza, quindi la comunità, e l’inclusione. È un’economia che cresce a tassi molto alti perché c’è una domanda molto forte di beni ad alto valore esperienziale. Quando si include un’impresa sociale d’inserimento lavorativo in una filiera viene a potenziarsi il concetto di economia circolare, troppo spesso legato alle merci e all’ambiente e quasi mai alle persone. Servono però – conclude – alleanze di scopo fra gli attori del territorio, perché in fin dei conti queste sono filiere cooperative».
Fonte: Corriere Buone Notizie
Per saperne di più scarica il report integrale > Filiere Inclusive e Coesive